venerdì 23 marzo 2012

Una casa per le fate



Quell’estate provai a catturare una fata.
Quanti non l’hanno mai fatto? Non penso siano in molti… comunque, io ci provai e questa mia nuova fissa, opera non fu, che della nonna.
Aspettavo il momento della fine della scuola, tanto quanto una sposa aspetta il giorno delle nozze. Io non l’aspettavo per il gusto di stare in vacanza, ma per le avventure che mi sarei inventata nella piccola casetta BLU della nonna. Poi, c’era di bello, che per 3 mesi, lei, la nonna, sarebbe stata solo per me… saremo state solo io e lei.
Nella sua più totale bizzaria, la nonna collezionava libri di fiabe per bambini. Aveva cominciato quando mio padre era piccino, poi aveva continuato con Fanny e Alvy e ora si dilettava con me; lo faceva “per vedere la vita con più leggerezza”… così mi ripeteva.
Nella vecchia libreria c’èra un mondo intero di fantasia. C’erano libri e libri di principesse, orchi, draghi, elfi, robot ma uno solo che parlasse di fate: era quello di Peter Pan. Avevo sei anni, in fatto di lettura me la cavavo a stento e scoprii quel libro che era appartenuto a mia sorella Fanny. Io lo sfogliai e ne rimasi folgorata. Fu in quel libro che feci il mio primo vero incontro con una fata e costrinsi la nonna a fare 4 cose:
  1. leggermi tutte le sere la fiaba di Peter Pan
  2. andare quante  più volte possibili in paese nella piccola biblioteca alla ricerca di libri sulle fate
  3. farmi un paio d’ali
  4. costruirmi una casetta per le fate

Entro la fine dell’estate, la nonna me ne lesse  una abbondante dozzina.
E tutti parlavano di fate. Fate dei fiori, fate delle piante, fate dell’inverno, fate dell’estate… fate… fate, fate e solo fate! E Taffy? Io mi svegliavo di buonora, indossavo le mie ali, svolazzavo tra i campi tutto il giorno e le toglievo solo prima di andare a letto. Nemmeno in bagno mi sognavo di togliere le mie ali.
Ricordo anche che tentai di farmele crescere. La nonna aveva un rigoglioso orto di piante officinali e mi ripeteva spesso “Fanno miracoli”. Mi faceva bere l’estratto di melissa quando non riuscivo a dormire, mi raschiava i denti con le foglie di salvia per rendermeli splendenti, mi spalmava di unguento di timo quando ero raffreddata e molto altro ancora. Così, una mattina, presi un po’ di tutto e obbligai la nonna a prepararmi un bel decotto… Le ali non spuntarono, ma in compenso passai un’intera giornata al bagno.
Tentai un’altra strada. Catturare una fata per rubarle un po’ di polvere magica che mi avrebbe permesso di volare.
Ma dove l’avrei trovata una fata? Come potevo catturarla? La nonna, che mi assecondava come fosse stata la mia compagna di merende, mi costruì una casetta di legno che colorai di ROSA, con il tetto ROSSO e decorai con tutto quello che trovai per la casa. Fiori di plastica, perle, perline, stoffa, pizzi, bottoni e quant’altro e cosa importante, montai, proprio fuori dalla porta, un piccolo campanellino che mi avrebbe avvertita della presenza di una fata.
Appesi la casetta fuori dalla mia finestra, nel piccolo poggiolo e attesi…. per giorni… per settimane, fino a quando quel campanellino suonò!!! E alla fine…. Suonò.
Ricordo che era una stato un giorno alquanto afoso. Era sul finire di luglio, erano all’incirca le dieci di sera e in lontananza si avvertiva che un temporale estivo, molto presto sarebbe arrivato a farci visita. Io ero distesa nel mio lettone, con affianco la nonna che mi rileggeva per la centesima volta la fiaba di Peter Pan, quando sentii quel “din-din….”.
Poi silenzio
Poi ancora “din-din….”
Poi silenzio.
Avevo il cuore che andava a mille e gli occhi erano spiritati peggio di quelli di Pippicalzelunghe. Mi avvicinai alla finestra spalancata in punta dei piedi, la nonna mi seguiva facendo altrettanto e…. vidi, finalmente, la magia: la piccola casetta delle fate stava ondeggiando dolcemente appesa alla sottile catenella che la sorreggeva; per effetto di quel movimento il campanellino aveva cominciato a tintinnare.
“Din-din-din…” ripetutamente.
E con il timore, un po’ di essere scoperta, un po’ per quello che vidi, me ne rimasi a debita distanza. Scorsi, attraverso le piccole finestrelle, una fioca luce bianca che svolazzava. Il tutto durò al massimo un minuto…. Poi ci fu il rumore di un tuono e con esso il levarsi del vento forte e quella piccola luce, si spense.
Non la vidi più.
Arrivò la fine di Agosto, ritornai a casa, ricomincia la scuola e ben presto mi immersi in nuove avventure e mi dimenticai della mia fata, per sempre… o fino alla scorsa estate.
Bi che con i suoi 4 anni è molto, ma molto più avanti della sottoscritta, ha scoperto le fate già a 3 anni, e io che con la ristrutturazione della casa BLU della nonna non avevo buttato quella vecchia casa delle fate, una volta decisa, quale stanza sarebbe toccata a Bi, gliela appesi fuori dalla finestra, con grande gioia della mia piccina che conosceva a memoria i particolari di quel magico incontro che c’era stato tra la sua mamma e una fata.
E così, sempre alla fine di Luglio, ma di 29 anni dopo, la mia piccola fatina ritornò a farmi visita.
Bi si era appena distesa nel letto quando udimmo quel “din-din….”
Poi silenzio.
Poi ancora “din-din….”
Poi silenzio.
Mi portai l’indice alla bocca “ssssshhhhhhh” e girandomi verso Bi feci segno di seguirmi.
In punta dei piedi ci avvicinammo alla finestra e rividi, finalmente quella piccola e fioca luce bianca, attraverso le finestrelle della casetta, che fluttuava nell’aria. Il timore di quella bambina di 6 anni non c’era più, come del resto la sua totale innocenza e sotto gli occhi luccicanti di Bi mi avvicinai. Nella piccola casetta non c’era una piccola fata, ma una piccola lucciola.
“Mamma….. la vedi? Mamma… mamma…?”.
“Si Bi…. Ma non facciamoci vedere, parla piano. E’ piccola, è bellissima, ha le ali azzurre e il vestito LILLA, del tuo colore preferito”.
“La voglio vedere…. Mamma, prendimi in braccio e fammela vedere”.
E ora? Cosa mi sarei inventata? Come potevo prenderla in braccio, farle vedere che dentro non c’era la sua fata ma una lucciola? Io avevo vissuto tutta l’infanzia credendo in quella magia e non potevo farla svanire alla mia Bi.
Ma nel preciso istante in cui la presi in braccio, cominciò a levarsi forte il vento, un lampo squarciò il cielo e la piccola luce bianca si spense. Forse, la mia piccola casa, un tempo BLU, mi era venuta in aiuto… o forse, qualcun altro… forse… la magia di una fata?
Consolai Bi, in lacrime, perché non era riuscita a vederla, per quasi mezz’ora, mentre fuori un temporale estivo bagnava la piccola casa della fate. Poi, il temporale cesso e con esso il pianto interrotto di Bi che si era finalmente addormentata tra le mie braccia.
La nostra fata non fece più ritorno, ma Bi, per precauzione, mi fece costruire una nuova casetta, in vista dell’inverno, da appendere nella sua cameretta.
“Sai mamma, nel cartone di Trilli dicono che sono le fate dell’inverno a portare il freddo. Devi farmi una casetta per l’inverno da appendere dentro alla mia cameretta, perché fuori la mia fata non può starci. E falla con le porte chiuse così se arriva il temporale la mia fata non si bagna”.
Detto fatto!!! Mamma Taffy ha provveduto… la casa è stata costruita con vecchi ritagli di feltro e la porta è stata ben sigillata, come da indicazioni di BI!!!
La  fata non è ancora ripassata… ma mi chiedo come farà ad entrare….


4 commenti:

  1. E' piacevole leggere questi racconti. Lo pubblicherete prima o poi questo libro?

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  2. Grazie di cuore..... Pubblicare un libro? Non sei la prima a chiedermelo!!!
    Non si sa mai nella vita....

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  3. secondo me ci state (Mara e Evelyn) già lavorando visti i diritti di copyright... dai, su, confessa :)

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    1. Assolutamente non ci sto affatto lavorando!!!
      Sarebbe una bella idea ma ci vuole costanza, cosa che a me manca!
      Ma come mi ripeto sempre, io non pongo limiti al destino!!!

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