mercoledì 9 ottobre 2013

...di ombre dal PASSATO

L'annuncio dell'inverno, in casa Tafetà, solitamente è esclusiva di Bi perchè le si riempiono le mani di una dermatite strana. Il rossore alle piccole manine arriva esattamente un paio di giorni dopo l'arrivo del primo vento gelido... nemmeno kili e kili di crema placano lo sfogo... ma questa è un'altra storia.
L'inverno è fortunatamente un lontano ricordo in questi giorni di calura equatoriale che hanno portato la tanto agognata estate. Ma se come per l'inverno c'è sempre un campanello a preannunciarlo, così anche l'arrivo dell'estate viene proclamato a voce univoca dai miei bambini nel preciso istante in cui si rifiutano di andare a scuola. Succede pressapoco tutti gli anni entro i primi 10 giorni di giugno e anche quest'anno non si sono certo risparmiati. Ha cominciato Bi con i capricci al risveglio, le ha fatto seguito Aki a colazione e ha completato il quadro Osi a scuola. Se per loro l'anno scolastico è stato lungo e faticoso, per la loro mamma è stato devastante: Osi e Aki da andare a prendere non prima delle 16, Bi che si limitava a mangiare a scuola e poi la dovevo andare a prendere subito dopo il pranzo; poi corri ad accompagnare Bi a ginnastica, porta Osi al corso di recitazione, vai a prendere Aki a nuoto. Le mie giornate erano scandite dai loro appuntamenti fissi e mentre poi loro, se ne stavano spaparanzati sul divano a ricaricare le energie, io mi dovevo occupare di tutto il resto... la casa, le bollette, il mio lavoro, il mio lavoro extra, i miei animali ecc.ecc. E tutto questo senza l'aiuto di Nist che se ne esce al mattino presto e  non rincasa prima di cena.
Ecco perchè al primo segno di cedimento io sono ben felice di tenermeli a casa, per godermeli un pò, per allentare un pò i ritmi, perchè mi piace sentire la casa piena delle loro grida;  un ritornare bambina quando la casa un tempo BLU della nonna, si riempiva del vociare mio e dei miei fratelli, prima della separazione estiva.
Era tutto scandito dalla luce del sole. Ci svegliavamo al mattino presto, quando il sole, nonostante fosse già alto in cielo non aveva ancora la forza di scaldarci la pelle rinfrescata dalla brezza spumeggiante dell'alba. Ci si vestiva, si correva  giù nell'orto con la nonna che ci dava un'innaffiatoio a testa e poi tutto si faceva fuorchè abbeverare le piccole piante di pomodori. Il risultato era che già prima della colazione eravamo inzuppati da capo a piedi con orrore della nonna che ci rincorreva per il cortile con la zappa in mano. Le colazioni erano un tripudio di colori con le marmellate della nonna, il pane fatto in casa e il burro quasi giallo di Luca, il contadino della grande fattoria vicino a casa. Il resto della giornata passava lento tra giochi, corse e qualche sonnellino che scappava qui e la. La sera poi era il momento della giornata che io preferivo. Eh si, perchè si giocava a nascondino. Ci si ritrovava con i bambini del vicinato, con la mia amica Silvy, con i miei fratelli e si giocava fino a quando comparivano le prime lucciole e la nonna si era stancata di sentire battere sulla grondaia "punto mio libera tuttiiiiii.....................". Era bello, era proprio bello.
Poi Fanny e Alvy partivano e io, sola, facevo tuffi nella fantasia fingendomi fata, principessa, pirata, maestra, ballerina e quant'altro con la complicità della nonna  e così fino al suono della prima campanella di Settembre.
I miei figli, però, alternano momenti di puro divertimento ad altri di pura noia. Ma io non ero così!!!
Così mi devo spremere quotidianamente il cervello per cercare come far passare loro il tempo. Nist mi ripete in continuazione: "lascia che si arrangino, lascia che si annoino e vedrai che prima o poi qualcosa si inventeranno". E io a questo non ho mai pensato? Ovvio che si, con il risultato che Aky mi distrugge letteralmente casa, quando non lo trovo appeso a qualche albero a testa in giù o devo giocare a nascondino anche un'ora prima di trovarlo, Osi si fa un tutt'uno con il divano a lamentarsi per la noia e Bi si attacca a me come una cozza e chiacchera, chiacchera, parla, parla, canta, canta.... mi stordisce la testa e arrivo a sera che il cervello è come un pallone. Così sono costretta a dar loro qualcosa da fare e  9 volte su 10 questo produce una reazione strana: Aky va avanti spedito e lo diverte un sacco rendersi utile, Osi parte con i lamenti più disperati ma alla fine si appassiona e Bi parte con l'entusiasmo a mille ma trova mille scuse per abbandonare me e anche i fratelli per dilettarsi in tutt'altro.
La scorsa estate avevo chiesto loro di aiutarmi a sistemare tutta la vecchia rimessa della nonna. Era l'unica parte della proprietà che ancora non avevo osato rimettere a nuovo, nè tanto meno sistemare. Un lunedì mattina sembravamo usciti dalla serie di CSI, muniti di guanti e mascherina. C'era da svuotarla, buttare il superfluo, ripulire tutto, tingere i muri dentro e fuori, e sistemare il tetto, anche se di quest'ultima cosa se ne sarebbe occupato Nist nel weekend. Erano anni che non entravo in quel posto; mi ero limitata a portare fuori la vecchia Mustang, lo scorso anno, e poi avevo richiuso il portone con il vecchio catenaccio arrugginito lasciato da Maralyn.
Quando entrammo ognuno manifestò una reazione diversa. Ad Aky gli si illuminarono gli occhi all'idea di distruggere parte di tutta quella roba ammassata nella lunga vita della nonna, Osi era pietrificato, Bi tirava su il naso alla vista dei centimetri di polvere, ragnatele e sporco che si presentò ai nostri occhi e io fui presa dallo sconforto perchè avevo finalmente realizzato quanto lavoro ci sarebbe costato rimettere a nuovo quel posto. Mio padre arrivò un paio d'ore più tardi sul vecchio furgone un tempo ROSSO pronto per caricarlo di cianfrusaglie, ma si arrese all'evidenza e si rimboccò le maniche per darci una mano, prima di dilettarsi a buttarle.
Mio padre aveva sempre detestato l'ossessione di mia nonna di tenere qualsiasi cosa, motivo in più, per lui per dare sfogo a quel desiderio sopito per anni, di gettare, finalmente, le cose obsolete e futili che la nonna, sua madre, aveva accatastato per anni. Quando lo chiamai per dirgli "Papà, hai del tempo libero per aiutarmi a portare via tutto il ciarpame che c'è in rimessa?", non mi stupì affatto quando mi rispose "Anche domani....".
Tutto era stato scrupolosamente ordinato in grandi bauli di legno che, con le mille altre cose, la nonna adorava collezionare. Una dei suoi passatempi preferiti, infatti, era quello di girare per vecchie fiere dell'usato alla ricerca di vecchi bauli che rimetteva a nuovo, riempiva e puntualmente accatastava in rimessa. Per quale motivo, poi, ancora non mi era chiaro.
A condire la già caotica mattinata però era stata un'inattesa telefonata dalla metropoli: "Pensavo di partire domani mattina presto e di anticipare la mia visita per evitare le code di vacanzieri, ti dispiace? Ho voglia di stare con voi"
Eccola là.... ora facciamo la frittata! Quando mia suocera ci faceva visita, per il suo appuntamento fisso mensile, mi dedicavo anima e corpo alla casa per due giorni interi per pulire a fondo, ordinare e rendere tutto impeccabile. E questa volta non l'aspettavo prima di quindici giorni!!! Così, con una casa che sembrava uscita dal cartone di Alice nel Paese delle Meraviglie e montagne di roba vecchia accatastata fuori dalla rimessa, mi accingevo ad accoglierla; ero pronta alla pubblica umiliazione... ero pronta a vedere lo spettro della disapprovazione negli occhi di quella donna a cui, però, dovevo molto. Ma correre dei rischi era nel  mio stile e sò che sarei sopravvissuta anche a questo.
Quando Clear varcò il portoncino di casa (mio suocera è figlia di genitori inglesi), nel suo perfetto completo chic, con la sua perfetta acconciatura british, con il suo indiscusso stile mondano, per un attimo sentii sulle spalle tutto il peso del duro lavoro, soprattutto mentale, degli ultimi due giorni. Mi si piazzò di fronte, mi fece una radiografia completa da capo a piedi, mi abbracciò forte e mi disse: "Tesoro... ma cosa ti è successo? Don't worry, Clear is here for you".
Non si curò minimamente del disordine in casa, sistemò le sue cose nella stanza che era solita occupare, si tolse il suo perfetto completo chic, si preoccupò di proteggere la perfetta acconciatura british con un grande foulard e si mise al lavoro. Rassettò casa, me la portò agli antichi splendori e nel frattempo si occupò di me e dei bambini con pranzi e cene generose. Capivo dall'amore con cui curava noi e quel posto che adorava  quella casa, forse perchè aveva conosciuto la sua vecchia inquilina, forse perchè, assieme alla nonna, avevano trascorso lunghi pomeriggi sedute  sotto il portico a sorseggiare "limonata corretta" e a raccontarsi. Quando la Nonna se ne andò, per lei fu un duro colpo. Clear mi aveva più volte dimostrato di essere la somma di due personalità completamente opposte: nella metropoli, tra la sua cerchia di amici e conoscenti era la signora per bene, austera, rigida e molto riservata che tutti volevano, con me, con i bambini, e soprattutto in quella casa, lei toglieva quei panni da lady inglese per vestire quelli di una persona autentica, generosa e schietta.
Con una casa linda, profumo di burro misto a zucchero e pane lievitato che escono dalla cucina mi sembrava finalmente di essere tornata bambina e quando al tramonto voltai lo sguardo verso il portico della casa, per un attimo ebbi un sussulto mentre osservavo l'ombra allungata di una donna seduta nel vecchio dondolo. Sembrava proprio l'ombra di lei, l'ombra della donna che mi aveva cresciuta nelle calde estati dell'infanzia e invece, realizzai essere Clear e cominciai a nutrire la speranza che ritornasse a nella sua casa di città il più tardi possibile.

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